da www.linksicilia.it
“L’8
marzo scorso ho tentato di suicidarmi. É stato terribile. Solo chi
soffre come ho sofferto io può comprendere il motivo di questo
gesto. Ho capito però di aver sbagliato”.Con
queste parole l’imprenditore palermitano, Bennardo Raimondi, si
rivolge a tutti coloro che, per mancanza di un lavoro e stritolati
dai debiti, hanno pensato più volte al suicidio come ultima
soluzione ai propri guai. L’imprenditore, vittima di racket, dopo
aver denunciato i suoi strozzini, è rimasto senza lavoro, né
speranze di riavviare la propria attività, una piccola bottega di
manufatti in ceramica, ubicata al piano terra della sua abitazione, a
Palermo. Pieno
di debiti e senza alcun rimedio che potesse risanare la sua
drammatica condizione economica, l’8 marzo scorso ha tentato di
farla finita, pensando di mettere fine per sempre alla sua atroce
sofferenza. Oggi però è consapevole del grosso sbaglio che stava
per commettere ed è per questo che dedica un messaggio di speranza a
tutti coloro che soffrono come lui. “Nessun
debito, nessuna cifra – scrive Raimondi - può ripagare una
vita, cioè la cosa più preziosa che possa esistere .Vi capisco, so
quello che si prova. Ci si sente soli, disperati, isolati. La
gente neanche ti guarda o ti risponde al telefono e ti umilia, è
vero. Ma
credetemi, la vita è preziosa più di ogni altra cosa. Stavo facendo
la grande sciocchezza di farla finita, ma ora ho capito l’importanza
della quotidianità anche con tutte le sue difficoltà”. Raimondi
ha trovato il coraggio di chiedere aiuto a tutti i suoi cari e a
quelle persone che provano a stargli accanto come possono,
contribuendo anche economicamente.“Sto
cercando di riprendermi grazie ai miei fratelli e alle mie sorelle,
ma il mio appello è rivolto a tutta la società. Non siate
indifferenti, aiutate come potete tutti coloro che chiedono aiuto e
non vedono più vie di uscita. Non
è vero che nessuno può fare nulla, anche una parola di conforto può
fare la differenza e salvare la vita ad una persona. E le parole non
costano. Sono l’egoismo e l’indifferenza della società ad
uccidere veramente un uomo. Non lasciateli soli e fate quel che
potete”. Il pensiero di Raimondi va anche a chi non ce l’ha fatta
e ha deciso di mollare tutto, la propria vita, la famiglia e le
ultime speranze. Sì,
perché questa tragedia sociale riguarda milioni e milioni di
persone, che vedono nella morte l’unica soluzione, l’unica
alternativa a una vita fatta di stenti, dolore e umiliazioni.
Esorbitanti le cifre dei dati Istat, relativi al numero dei suicidi
legati alla disoccupazione. Da gennaio 2013 fino ad oggi, in Italia,
si sono tolti la vita già 268 disoccupati, contro i 500 del 2012. È
il Centro-Nord a detenere il triste primato dei casi di suicidio, con
la Lombardia al primo posto. Il fenomeno dei tanti che
quotidianamente compiono il gesto estremo, è però riconducibile,
secondo uno studio dell’Eures (Ricerche Economiche e Sociali) sul
Il
suicidio in Italia al tempo della crisi,
soprattutto alla figura maschile.
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