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sabato 14 aprile 2018

Occorre fare in fretta



Non ci sono tavoli che tengono. Non è più tempo di occupazioni di aule consiliari studiate per interloquire con le istituzioni. Non c’è più spazio per i comitati agricoli pseudo-spontanei. Con difficoltà abbiamo girato per il territorio e non esistono parole per descrivere o immaginare la catastrofe economica in cui è precipitata l'intera filiera serricola di questa terra. Non bastavano le alterazioni sulla formazione del prezzo alla produzione dei prodotti ortofrutticoli, adesso anche il vento che sferza fino a distrugge, anzi a spianare, tutto quello che poteva assomigliare ad una serra in produzione.
In questi anni l'infinito bla bla bla sull'agricoltura ha solo rimpolpato le carriere politiche di certi personaggi. Peggio ancora, ha permesso ad alcuni di entrare in politica giocando prima con la speranza e poi con la disperazione di un’intera categoria. Ma il gioco è finito. Guardando le immagini di ciò che resta non c’è più spazio per le parole. Servono fatti concreti, scelte coraggiose, atti precisi.
La fascia trasformata deve diventare un’area franca per almeno un quinquennio. Qui serve ridurre l’aliquota IVA, IRPEF/IRAP e la contribuzione previdenziale sia per gli autonomi che per i dipendenti. Bisogna bloccare i ruoli esattoriali, rivedere la programmazione dei fondi europei e rafforzare i fondi di rotazione di CRIAS, IRCAC e IRFIS per facilitare l’accesso al credito. Non è più tempo di selfie, di foto istituzionali né di pacche sulle spalle. Non c’è Unione Europea che tenga. O la fascia trasformata diventa un territorio dove le imprese locali, in particolare le microimprese presenti, per ripartire godano di agevolazioni fiscali e previdenziali, oppure dopo essere affondate, dopo aver toccato il fondo, si metteranno a scavarlo il fondo ... fino a farsi seppellire.

martedì 10 aprile 2018

E' TEMPO DELLE SCELTE FORTI


Vittoria sembra come intontita. La notizia della tragica fine del giovane produttore, Giovanni Viola, ha stordito la città. Da anni i sintomi di questo dolore hanno covato sotto la pelle dei tanti produttori agricoli, degli artigiani e dei commercianti. Nel silenzio più totale le crisi hanno cannibalizzato le tante microimprese di questa terra e con le ossa si sono pulite i denti. La morte di Giovanni Viola, nella sua immensa tragicità, ci svela definitivamente come il corpo dell’economia reale, quello delle piccole imprese, sia pieno di metastasi. Di contro c’è un capitalismo di rendita che in tutto questo tempo si è arricchito e non ha investito nulla. Un capitalismo di rapina che ha depredato senza pagare dazio. Tutto questo è stato permesso. Qui non sta solo fallendo un modello economico, qui siamo davanti alla bancarotta etica e politica di un itero territorio. 
Servono misure urgenti. Se è vero che la Regione Siciliana detiene il 99,885% delle azioni di RISCOSSIONE SICILIA S.p.A (il restante pacchetto azionario, pari allo 0,115%, è detenuto da Equitalia S.p.A. che è in liquidazione) bisogna intanto bloccare tutte le procedure e poi annullare gli aggi e rivedere la normativa sanzionatoria. Musumeci, Armao e la pletora di deputati regionali che li sostengono per una volta abbiano il coraggio di applicare realmente lo Statuto autonomista per tutelare l’economia siciliana. Anche il Comune faccia la sua parte. Blocchi la campagna di riscossione coattiva dei tributi locali e preveda una rateizzazione degli stessi che venga incontro alle esigenze delle imprese e dei cittadini. Tutto  il resto: tavoli anti crisi, incontri, convocazioni, assemblee ... sono vacue azioni di autopromozione  politica.
E’ il tempo delle scelte forti e coraggiose per evitare che questo gesto venga emulato. Non farle, o peggio ignorarle, significa dare seguito al vecchio detto siciliano: do muortu sinni parra tri jorna, i peni cu l’avi si teni (il lutto dura tre giorni, i problemi chi ce li ha se li tiene).