Non
ci sono tavoli che tengono. Non è più tempo di occupazioni di aule
consiliari studiate per interloquire con le istituzioni. Non c’è
più spazio per i comitati agricoli pseudo-spontanei. Con difficoltà
abbiamo girato per il territorio e non esistono parole per descrivere
o immaginare la catastrofe economica in cui è precipitata l'intera
filiera serricola di questa terra. Non bastavano le alterazioni sulla
formazione del prezzo alla produzione dei prodotti ortofrutticoli,
adesso anche il vento che sferza fino a distrugge, anzi a spianare,
tutto quello che poteva assomigliare ad una serra in produzione.
In
questi anni l'infinito bla bla bla sull'agricoltura ha solo
rimpolpato le carriere politiche di certi personaggi. Peggio ancora,
ha permesso ad alcuni di entrare in politica giocando prima con la
speranza e poi con la disperazione di un’intera categoria. Ma
il gioco è finito. Guardando le immagini di ciò che resta non c’è
più spazio per le parole. Servono fatti concreti, scelte
coraggiose, atti precisi.
La
fascia trasformata deve diventare un’area franca per almeno un
quinquennio. Qui serve ridurre l’aliquota IVA, IRPEF/IRAP e la
contribuzione previdenziale sia per gli autonomi che per i
dipendenti. Bisogna bloccare i ruoli esattoriali, rivedere la
programmazione dei fondi europei e rafforzare i fondi di rotazione
di CRIAS, IRCAC e IRFIS per facilitare l’accesso al credito. Non è
più tempo di selfie, di foto istituzionali né di pacche sulle
spalle. Non c’è Unione Europea che tenga. O la fascia trasformata
diventa un territorio dove le imprese locali, in particolare le
microimprese presenti, per ripartire godano di agevolazioni fiscali
e previdenziali, oppure
dopo
essere affondate,
dopo aver toccato il fondo, si
metteranno
a scavarlo
il fondo ... fino a farsi seppellire.