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domenica 2 giugno 2013

La crisi attacca solo le piccole imprese. Per vivere bisogna lavorare in nero.

La crisi ha colpito esclusivamente le piccole imprese artigiane e commerciali. In Italia dal suo inizio (gennaio 2008) ad oggi (l’ultimo dato disponibile è riferito al 31 marzo 2013) sono scomparse 85.500 unità imprenditoriali. I dati sono stati forniti da Infocamere-Movimprese. All'inizio della crisi i due settori contavano complessivamente 2.369.000 aziende. Dopo cinque anni si attestano intorno a 2.283.000 unità. Tra gli artigiani si è registrata una vera e propria “strage di massa”. Delle 85.500 imprese che non ci sono più, ben 77.670 (il 90,9%) erano imprese artigianali. Nell'ultimo trimestre le cessazioni sono continuate ad aumentare. Tra il 31 dicembre dell’anno scorso e il 31 marzo di quest’anno ci ritroviamo con 27.800 imprese in meno. I lavoratori autonomi (artigiani e commercianti) una volta chiusa l’impresa, diventano orfani e invisibili. A differenza dei lavoratori dipendenti non possono usufruire di nessun ammortizzatore sociale. Per chi possiede una partita Iva una volta chiusa l’attività si apre da subito o il dramma della disoccupazione oppure, per vivere, l'attività continua ad operare in nero così i pochi guadagni non vengono tartassati. La contrazione del numero delle piccole attività artigianali/commerciali va ricercata soprattutto nel forte calo dei consumi delle famiglie. Queste attività imprenditoriali vivono quasi esclusivamente della domanda interna, se quest’ultima crolla molte altre attività sono destinate alla chiusura. Il Governo eviti l’aumento dell’Iva previsto per il prossimo mese di luglio, se non dovesse essere così altre piccole imprese chiuderanno e cresceranno le attività che operano in nero.




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