Siamo al tramonto e
continuando cosi, a furia di vessazioni fiscali arriverà notte
fonda per le imprese artigiane commerciali del nostro territorio. E'
di questi giorni su molti quotidiani regionali e nazionali la notizia
che la pressione fiscale e' al 75%. Si lavora 280 giorni l'anno per
il fisco. Noi lo avevamo detto 9 mesi fa'. E tutto questo nonostante
abbiamo fatto i compiti che l'Europa ci ha imposto (leggasi Germania)
Sembra non interessare a nessuno che più tasse portano più
recessione e depressione, più si costringono le imprese e le
famiglie a risparmiare per pagare IMU, TARSU/TARES e canoni vari più
i consumi interni calano. Le famiglie non consumano, non riparano
l'auto, non sistemano l'impianto elettrico o idrico, non effettuano
le piccole riparazioni edili e le imprese - quelle piccole - chiudo.
E' cosi che si è si innescano i fallimenti, le crisi aziendali, la
disoccupazione, il calo del Pil., etc. Il Paese sta divorando se
stesso. E mentre le imprese affondano c'è chi galleggia sempre anche
di fronte a momenti di crisi drammatica come quelli che stiamo
vivendo. Mentre le imprese sono costrette a navigare a vista c'è
sempre chi trova un salvagente. Le imprese chiudono ma lo Stato, le
Regioni, i Comuni, continuano ad alimentare il clientelismo. Molti
colleghi dopo aver rischiato per decenni in proprio, mi dicono
che sono stanchi di pagare per poi essere considerati evasori e
quindi perseguitati dalla Guardia di Finanza, dall'Agenzia delle
Entrate o dall'ente di riscossione. Tutti pronti ad attaccarsi a quel
poco che si e' riusciti a mettere da parte o a realizzarlo lavorando
onestamente, senza guardare l'orologio. Si preferiscono sempre le
strade più brevi.La cosa più facile è colpire chi ha il
coraggio di vivere allo scoperto. Viceversa ci vuole coraggio per
stanare i veri evasori (rendite finanziarie, economia criminale) o
chi dissipa il denaro pubblico. E' venuto il momento di trovarlo questo coraggio. Serve diminuire gli sprechi pubblici perseguendo tutti coloro che
li alimentano (leggasi dirigenti grandi e piccoli). Bisogna colpire le
rendite finanziarie e l'economia criminale. Sarebbero 300 miliardi da
potere recuperare. Cosa si aspetta. Chi pone dei freni ? Oggi si deve
tornare ad investire, a seminare e per farlo servono soldi. Non si può più continuare a raccogliere
indiscriminatamente, strappando pure le radici alle famiglie e alle
poche imprese sane rimaste ancorate nel territorio. Continuando di
questo passo il risultato sarà la più grande desertificazione
economica e sociale a favore dell'illegalità e delle mafie. La colpa di tutto
questo non può, però, essere attribuita solo alla casta dei
politici o dei dirigenti ma anche al sindacato e alle associazioni
di categoria perché fino ad ora non hanno individuato qui percorsi o
quelle proposte capaci di imprimere una sterzata. Bisogna uscire da
questo incubo. Serve trattare, ma serve anche creare conflitto per
riprendersi il proprio ruolo. Se non ora, quando?
Giuseppe Santocono Presidente della CNA di Vittoria.
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