Gli
speculatori possono essere innocui se sono delle bolle sopra un
flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione è seria
se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di
speculazioni.
John
Maynard Keynes
Siamo
in profonda recessione. Una stagnazione aggravata da politiche di
austerità e rigore di bilancio. Ogni anno si devono trovare circa 80
miliardi di euro per pagare gli interessi sul debito. Per chi lo
avesse dimenticato, dal 2014, secondo il patto fiscale europeo,
dovremmo anche cominciare a diminuire l'ammontare del debito, circa
di 50 miliardi di euro all’anno. Come diceva Totò,: “è la
somma che fa il totale” ; infatti il risultato è 130 miliardi di
euro che vengono tolti all'economia reale, alle famiglie, ai
cittadini per continuare a mantenere banche e finanza
creativa che
hanno generato i disastri che conosciamo. A tutto questo va
aggiunta la ciliegina che completa l'opera: l'impegno obbligatorio
di avere il bilancio pubblico in pareggio. Per rispettare tutti
questi vincoli si dovranno aumentare le tasse, tagliare
ulteriormente la spesa pubblica (pensioni stipendi sono i prossimi
obbiettivi) e forse mettere mano nei conti correnti. Alcune di queste
cose sono già in atto altre sono momentaneamente messe in stand by.
Il Fondo Monetario Internazionale intuendo i pericoli di tenuta
sociale da qualche tempo ammette: “sull'austerità ci siamo
sbagliati”. Intanto i consumi interni continuano a franare,
travolgendo quasi esclusivamente le piccole imprese artigianali e
commerciali e con esse i loro lavoratori. Non facciamo finta di
vederlo, c'è
uno scontro evidente tra il potere finanziario e l'economia reale.
Questo contrasto lo viviamo ogni giorno nei nostri territori. Le
banche pur essendo state aiutate, sostenute e rilanciate non
concedono credito alle pmi, e quando lo concedono, oltre alle
numerose garanzie, dettano condizioni così ricche di capestri che
alle imprese spesso non conviene accettare. Di fronte a questo
atteggiamento ci vorrebbero immobili o peggio a braccia aperte e
ginocchia piegate. Non ci stiamo. Non ci rassegniamo perché siamo
coscienti che dentro questo conflitto si giocano le sorti del futuro
delle nostre piccole medie imprese. Il tempo della discussioni è finito. Se abbiamo ancora un ruolo è venuto il momento di dire basta, di dire no a queste politiche
economiche criminali.
Nessun commento:
Posta un commento