La crisi in cui versano
le imprese ortofrutticole del nostro territorio non riguarda in modo
specifico la serricultura ma l'intero sistema economico della fascia
trasformata. Le aziende che producono imballaggi, l'autotrasporto,
l'impiantistica specializzata e tutto il terziario vivono, e non da
ora, nell'economia dell'incertezza più profonda. Siamo vicini a chi
ha manifestato e sta manifestando per non essere travolto dai debiti,
dalla pressione fiscale, e dalla mancanza di accesso al credito. La
loro lotta è anche la nostra. Pochi giorni fa l'INPS regionale ha
presentato il bilancio sociale 2011. Il nostro territorio, che per
anni è stato l'espressione più significativa del capitalismo
molecolare (migliaia di piccole imprese agricole, artigianali e
commerciali effervescenti), ora vive quasi esclusivamente di
assistenza e di ammortizzatori sociali. Cassa integrazione e
indennità di disoccupazione sono cresciute esponenzialmente (cosa
succederà quando il fondo per il sostegno sociale verrà
consumato?), così come sono aumentati i pensionati. Ma gli importi
di queste prestazioni non sono sufficienti a soddisfare le esigenze
delle famiglie (la media delle pensioni e di 700 euro mensili a
fronte delle 870 euro del resto d'Italia). Questi dati ci dicono con
estrema chiarezza come ogni forma di lavoro legale stia diventato un
miraggio, mentre, con forza, si stanno affermando forme di lavoro
irregolare con tutte le sue sfaccettature. Questi numeri sono oro
per la criminalità organizzata ed in particolare per l'economia
criminale. Lo ripetiamo da tempo e non ci stancheremo di ripeterlo:
noi abbiamo il compito di sollecitare e proporre soluzioni ma la
classe politica di questo territorio deve mettersi in moto, non può
continuare a nascondersi, non può rimanere muta. Il loro silenzio
indica un malinconica indifferenza. Dobbiamo uscire dalla logica
dell'assistenza e rimettere in moto la dinamicità che ci ha
distinti.
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