CHI CI SALVERÀ DALL’URBANISTICA PEREQUATA ?
Il processo di formazione
di un Piano Regolatore inizia con la formulazione prima e l’approvazione poi,
delle “direttive generali” da osservarsi nella stesura dello strumento urbanistico,
ed a cui il progettista deve obbligatoriamente uniformarsi.
Tale atto viene definito
ed approvato dal Consiglio Comunale, e dunque è per sua natura un documento innanzitutto
politico. Anche l’adozione e l’approvazione del PRG avviene in Consiglio Comunale
dopo che una maggioranza ne ha condiviso le finalità di politica urbanistica.
Dunque nella
formazione di un piano regolatore, si deve fare riferimento non solo a questioni
tecniche, ma soprattutto a quelle di natura politica, tanto è vero che gli
obiettivi che vengono assunti dal piano fanno parte dell’insieme dei valori che
una pubblica amministrazione intende tutelare e promuovere per la propria
comunità.
A questo punto appare
del tutto evidente che il piano urbanistico non può essere inteso solo come un
elaborato tecnico che un Comune è tenuto a redigere per il rispetto di un
obbligo di legge, né tantomeno può essere considerato uno strumento
politicamente neutro.
Se dunque le
cose stanno così, come è mai possibile che il PRG oggi in preparazione, pur essendo
passato al vaglio di tre differenti amministrazioni, risulta sempre uguale a se
stesso nell’impianto politico-culturale, negli obiettivi strategici, nelle
finalità che intende perseguire, nell’idea di futuro che prefigura per la città?
Si può forse
sostenere che l’amministrazione Aiello, che ha avviato questa nuova variante generale,
fosse politicamente simile a quella Nicosia? Tutti ricorderanno i forti
contrasti fra i due ex sindaci. Oppure si può dire che l’attuale
amministrazione Moscato non differisca poi molto da quella Nicosia? Niente di
più fuorviante.
Allora come spiegare
questa uniformità di vedute se non costatando che tutte e tre le amministrazioni
hanno delegato al coordinatore della
progettazione del PRG sia il ruolo politico, che non gli compete, che quello
tecnico? E ciò è accaduto nel momento in cui quasi tutti gli amministratori
vittoriesi che si sono succeduti in questi anni hanno condiviso l’idea che
l’urbanistica perequata, invece che una tecnica, fosse un principio disciplinare
attorno al quale costruire l’intero impianto urbanistico del piano.
Senza voler
stare qui a ricordare cosa si intende per urbanistica perequata, si vuole
invece sottolineare che tale tecnica orienta i piani verso politiche di forte espansione
edilizia piuttosto che di riqualificazione della città costruita, quale oggi è
l’orientamento disciplinarmente più accreditato e condiviso.
Dunque nel
nostro PRG è diventato fondamentale l’uso degli strumenti e degli apparati metodologici
utili a stimare la futura popolazione insediabile nel comune nel periodo di
validità del piano (5 anni). Ed è a partire da tali dati che nella relazione generale dello schema di massima
della variante al PRG che si costruisce il suo dimensionamento. Infatti a
pagina 91 così si legge: ”si ritiene
pertanto, in prima approssimazione, di poter riconfermare il valore di 70.412
unità alla base del dimensionamento del nuovo Piano”. E considerato che nel
2016 la popolazione residente era di 63.630 abitanti è stato valutato che nei
prossimi 5 anni la popolazione crescerà di circa 6800 abitanti.
Ma anche nella relazione generale dello schema di massima
del 2014 a pag. 90 si legge: “si ritiene pertanto, in prima approssimazione, di poter riconfermare
il valore di 70.412 unità alla base del dimensionamento del nuovo Piano”. E
considerato che nel 2014 la popolazione residente era di 63.092 abitanti nei
futuri 5 anni la popolazione sarebbe dunque dovuta crescere di 7.300 abitanti
circa.
Ed ancora nelle direttive generali per la redazione della
variante generale del PRG del 2008 a pag. 62 così si legge: ”si ritiene pertanto, in prima approssimazione, di poter riconfermare
il valore di 70.412 unità alla base del dimensionamento del nuovo Piano”. E
considerato che a fine 2007 la popolazione residente era di 61.750 abitanti nei
successivi 5 anni la popolazione sarebbe dovuta aumentare di 8.660 abitanti
circa.
A questo punto è
del tutto evidente che le previsioni di popolazione proposte nelle varie edizioni
della medesima relazione non sono per niente credibili, così come risultano
stupefacenti le argomentazioni proposte a pag.123, sempre nella relazione del
2017, ed in cui si afferma che: “tenendo
conto, inoltre, nella determinazione del numero di vani necessari, della necessità
di adeguamento del patrimonio edilizio esistente per esigenze igienico,
funzionali e statiche e dell’introduzione dell’iter legislativo che prevede l’istituzione
del cosiddetto “fascicolo del fabbricato”, si sono stimati in 52.100 gli
abitanti insediabili nella struttura urbana consolidata (zona A e B) rispettivamente
a Vittoria centro (circa 47.760 ab.) e a Scoglitti (circa 4.340 ab.). E’
possibile, pertanto, valutare in circa 18.000 gli abitanti da insediare
(presenti e futuri) nelle aree di espansione che definiremo “aree risorsa” in
applicazione del sistema perequativo posto a base del presente Piano”.
Insomma, con una
sorta di gioco di prestigio, si è dunque passati dalla necessità di insediare a
Vittoria nei prossimi 5 anni 6.800 abitanti a 18.000. In altre parole
bisognerebbe trovare casa ad una popolazione di poco superiore a quella
residente in tutto il comune di Ispica e di poco inferiore a quella del comune
di Pozzallo.
Ma quanto
territorio si prevede di impegnare per dare seguito alle previsioni dichiarate?
La tabella a pag. 127 della relazione generale riassume i dati di superficie e
di popolazione necessari, che ordinatamente sono pari a 4.670.340 mq (467 ettari circa) ed a 17.281
abitanti, con un taglio netto di circa 280.000 mq (28 ettari ) e di 1.000
abitanti circa, rispetto alla medesima tabella della relazione generale del
2014 (giunta Nicosia). Di tale aggiustamento non si trova nella relazione alcun
elemento giustificativo.
Ma l’impegno di 467 ettari di terreno,
che è una risorsa non rinnovabile, è una quantità enorme considerato che oggi
si ragiona per i PRG di un consumo di suolo pari quasi a zero. Tale principio
risulta condiviso in Europa ma anche dalla recente legislazione nazionale (DDL
già approvato dalla Camera dei Deputati) e dalle leggi regionali di Toscana e
Lombardia, che concordemente si stanno muovendo per il raggiungimento di tale
obiettivo in un futuro non lontano.
È poi sbagliata
l’idea, del resto non nuova, di predisporre nei PRG aree, ad esempio, per
l’insediamento di attività industriali in gran quantità, sicuri che questa
scelta possa poi avviare importanti processi di industrializzazione, così come è
altrettanto falsa l’asserzione che mettere a disposizione nelle aree costiere
una smisurata disponibilità insediativa, possa sviluppare significativamente il
turismo, che invece ha bisogno di qualità e bellezza.
Se si formulano
previsioni di popolazione numericamente assai importanti, allora anche le aree
per attrezzature, visto che sono funzione della popolazione, dovranno essere quantitativamente
rilevanti, e per conseguenza anche quelle soggette ai processi perequativi.
Ma l’urbanistica
perequata doveva essere, tra l’altro, uno strumento in mano ai Comuni utile,
soprattutto, a compensare la carenza delle risorse economiche necessarie ad
acquisire le aree per il soddisfacimento degli standard urbanistici. Doveva
servire a contribuire ad eliminare il deficit di superfici per attrezzature e
spazi collettivi rispetto alla popolazione già insediata, piuttosto che di
quella futura, che normalmente è quantitativamente assai modesta.
Del resto nelle
direttive generali deliberate nel 2008 così si stabiliva: “Si precisa pertanto
che la tecnica di perequazione che si intende attuare nel nostro Comune non è
quella che utilizza un meccanismo applicativo generalizzato esteso all’intera
città, ..............ma quella che come sopra esplicitato, distingue gli ambiti
di trasformazione nei quali il Comune prevede l’attuazione degli interventi
ammessi mediante modalità perequative da quelli che non richiedono tali
tecniche”. Perché il PRG non si è uniformato a questa direttiva?
A cosa può
servire, allora, una così elevata previsione di aree di espansione se non a far
crescere il mercato dei suoli ed a farne lievitare i prezzi, e
contemporaneamente a liberare quote importanti di rendita fondiaria? E questa è
da considerare una “risorsa” per tutti i cittadini vittoriesi, o solo per i
proprietari dei suoli?
Assieme allo
schema di massima del PRG sarebbe utile conoscere anche i risultati fino ad oggi
conseguiti dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS),
considerato che è parte integrante dei processi di formazione del piano. Un
tema questo di grande rilevanza poiché tale processo è finalizzato a valutare
“in anticipo” le conseguenze ambientali connesse alle decisioni assunte dal
PRG.
La VAS ha quindi
la funzione di migliorare le scelte di piano attraverso una valutazione comparata
di differenti soluzioni di intervento, al fine di verificare il complessivo
impatto ambientale, e quindi la diretta incidenza sulla qualità dell’ambiente
in cui i cittadini vivranno.
Per Vittoria non
serve una politica urbanistica espansiva, ma piuttosto una che si faccia fortemente
carico degli interessi collettivi, e tale risulta solo se difende il territorio
dalle aggressioni speculative, se bandisce dal piano modalità insediative che
comportano eccessivo consumo di suolo, se incentiva la rigenerazione urbana
anche attraverso regimi fiscali di vantaggio, se si impegna a realizzare
l’edilizia sociale (case popolari), se cura e valorizza i segni che la storia
ha tracciato sul territorio, se tutela i sistemi naturali, se favorisce
l’edilizia di qualità (per consumo energetico e materiali utilizzati), insomma
se persegue l’obiettivo di una pianificazione sostenibile, anche come atto di
responsabilità per le generazioni future.
arch. Rosario Cilia
06-06-2017.
Nessun commento:
Posta un commento