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lunedì 12 giugno 2017

PRG schema di massima: riceviamo e pubblichiamo le considerazioni dell'arch. Rosario Cilia


Le nostre analisi e le nostre proposte sullo schema di massima del PRG, presentate il 6 giugno alla Commissione consiliare "Assetto Territoriale", hanno suscitato una certa attenzione da parte dei gruppi consiliari. Il tema è ovviamente stimolante, infatti, oltre alle nostre proposte, tra gli addetti ai lavori si sta avviano un dibattito interessante che è importante conoscere.  L'arch. Rosario Cilia ci ha inviato le sue riflessioni che ospitiamo nel nostro blog. Quanti sono interessati all'argomento possono inviarci i loro scritti. Il confronto è importante, è segno di maturità, è crescita personale, è crescita sociale. 

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/vita/frase-146752>
CHI CI SALVERÀ DALL’URBANISTICA PEREQUATA ?
Il processo di formazione di un Piano Regolatore inizia con la formulazione prima e l’approvazione poi, delle “direttive generali” da osservarsi nella stesura dello strumento urbanistico, ed a cui il progettista deve obbligatoriamente uniformarsi.
Tale atto viene definito ed approvato dal Consiglio Comunale, e dunque è per sua natura un documento innanzitutto politico. Anche l’adozione e l’approvazione del PRG avviene in Consiglio Comunale dopo che una maggioranza ne ha condiviso le finalità di politica urbanistica.
Dunque nella formazione di un piano regolatore, si deve fare riferimento non solo a questioni tecniche, ma soprattutto a quelle di natura politica, tanto è vero che gli obiettivi che vengono assunti dal piano fanno parte dell’insieme dei valori che una pubblica amministrazione intende tutelare e promuovere per la propria comunità.
A questo punto appare del tutto evidente che il piano urbanistico non può essere inteso solo come un elaborato tecnico che un Comune è tenuto a redigere per il rispetto di un obbligo di legge, né tantomeno può essere considerato uno strumento politicamente neutro.
Se dunque le cose stanno così, come è mai possibile che il PRG oggi in preparazione, pur essendo passato al vaglio di tre differenti amministrazioni, risulta sempre uguale a se stesso nell’impianto politico-culturale, negli obiettivi strategici, nelle finalità che intende perseguire, nell’idea di futuro che prefigura per la città?
Si può forse sostenere che l’amministrazione Aiello, che ha avviato questa nuova variante generale, fosse politicamente simile a quella Nicosia? Tutti ricorderanno i forti contrasti fra i due ex sindaci. Oppure si può dire che l’attuale amministrazione Moscato non differisca poi molto da quella Nicosia? Niente di più fuorviante.
Allora come spiegare questa uniformità di vedute se non costatando che tutte e tre le amministrazioni hanno delegato al coordinatore della progettazione del PRG sia il ruolo politico, che non gli compete, che quello tecnico? E ciò è accaduto nel momento in cui quasi tutti gli amministratori vittoriesi che si sono succeduti in questi anni hanno condiviso l’idea che l’urbanistica perequata, invece che una tecnica, fosse un principio disciplinare attorno al quale costruire l’intero impianto urbanistico del piano.
Senza voler stare qui a ricordare cosa si intende per urbanistica perequata, si vuole invece sottolineare che tale tecnica orienta i piani verso politiche di forte espansione edilizia piuttosto che di riqualificazione della città costruita, quale oggi è l’orientamento disciplinarmente più accreditato e condiviso.
Dunque nel nostro PRG è diventato fondamentale l’uso degli strumenti e degli apparati metodologici utili a stimare la futura popolazione insediabile nel comune nel periodo di validità del piano (5 anni). Ed è a partire da tali dati che nella relazione generale dello schema di massima della variante al PRG che si costruisce il suo dimensionamento. Infatti a pagina 91 così si legge: ”si ritiene pertanto, in prima approssimazione, di poter riconfermare il valore di 70.412 unità alla base del dimensionamento del nuovo Piano”. E considerato che nel 2016 la popolazione residente era di 63.630 abitanti è stato valutato che nei prossimi 5 anni la popolazione crescerà di circa 6800 abitanti.
Ma anche nella relazione generale dello schema di massima del 2014 a pag. 90 si legge: “si ritiene pertanto, in prima approssimazione, di poter riconfermare il valore di 70.412 unità alla base del dimensionamento del nuovo Piano”. E considerato che nel 2014 la popolazione residente era di 63.092 abitanti nei futuri 5 anni la popolazione sarebbe dunque dovuta crescere di 7.300 abitanti circa.
Ed ancora nelle direttive generali per la redazione della variante generale del PRG del 2008 a pag. 62 così si legge: ”si ritiene pertanto, in prima approssimazione, di poter riconfermare il valore di 70.412 unità alla base del dimensionamento del nuovo Piano”. E considerato che a fine 2007 la popolazione residente era di 61.750 abitanti nei successivi 5 anni la popolazione sarebbe dovuta aumentare di 8.660 abitanti circa.
A questo punto è del tutto evidente che le previsioni di popolazione proposte nelle varie edizioni della medesima relazione non sono per niente credibili, così come risultano stupefacenti le argomentazioni proposte a pag.123, sempre nella relazione del 2017, ed in cui si afferma che: “tenendo conto, inoltre, nella determinazione del numero di vani necessari, della necessità di adeguamento del patrimonio edilizio esistente per esigenze igienico, funzionali e statiche e dell’introduzione dell’iter legislativo che prevede l’istituzione del cosiddetto “fascicolo del fabbricato”, si sono stimati in 52.100 gli abitanti insediabili nella struttura urbana consolidata (zona A e B) rispettivamente a Vittoria centro (circa 47.760 ab.) e a Scoglitti (circa 4.340 ab.). E’ possibile, pertanto, valutare in circa 18.000 gli abitanti da insediare (presenti e futuri) nelle aree di espansione che definiremo “aree risorsa” in applicazione del sistema perequativo posto a base del presente Piano”.
Insomma, con una sorta di gioco di prestigio, si è dunque passati dalla necessità di insediare a Vittoria nei prossimi 5 anni 6.800 abitanti a 18.000. In altre parole bisognerebbe trovare casa ad una popolazione di poco superiore a quella residente in tutto il comune di Ispica e di poco inferiore a quella del comune di Pozzallo.
Ma quanto territorio si prevede di impegnare per dare seguito alle previsioni dichiarate? La tabella a pag. 127 della relazione generale riassume i dati di superficie e di popolazione necessari, che ordinatamente sono pari a 4.670.340 mq (467 ettari circa) ed a 17.281 abitanti, con un taglio netto di circa 280.000 mq (28 ettari) e di 1.000 abitanti circa, rispetto alla medesima tabella della relazione generale del 2014 (giunta Nicosia). Di tale aggiustamento non si trova nella relazione alcun elemento giustificativo.
Ma l’impegno di 467 ettari di terreno, che è una risorsa non rinnovabile, è una quantità enorme considerato che oggi si ragiona per i PRG di un consumo di suolo pari quasi a zero. Tale principio risulta condiviso in Europa ma anche dalla recente legislazione nazionale (DDL già approvato dalla Camera dei Deputati) e dalle leggi regionali di Toscana e Lombardia, che concordemente si stanno muovendo per il raggiungimento di tale obiettivo in un futuro non lontano.
È poi sbagliata l’idea, del resto non nuova, di predisporre nei PRG aree, ad esempio, per l’insediamento di attività industriali in gran quantità, sicuri che questa scelta possa poi avviare importanti processi di industrializzazione, così come è altrettanto falsa l’asserzione che mettere a disposizione nelle aree costiere una smisurata disponibilità insediativa, possa sviluppare significativamente il turismo, che invece ha bisogno di qualità e bellezza.
Se si formulano previsioni di popolazione numericamente assai importanti, allora anche le aree per attrezzature, visto che sono funzione della popolazione, dovranno essere quantitativamente rilevanti, e per conseguenza anche quelle soggette ai processi perequativi.
Ma l’urbanistica perequata doveva essere, tra l’altro, uno strumento in mano ai Comuni utile, soprattutto, a compensare la carenza delle risorse economiche necessarie ad acquisire le aree per il soddisfacimento degli standard urbanistici. Doveva servire a contribuire ad eliminare il deficit di superfici per attrezzature e spazi collettivi rispetto alla popolazione già insediata, piuttosto che di quella futura, che normalmente è quantitativamente assai modesta.
Del resto nelle direttive generali deliberate nel 2008 così si stabiliva: “Si precisa pertanto che la tecnica di perequazione che si intende attuare nel nostro Comune non è quella che utilizza un meccanismo applicativo generalizzato esteso all’intera città, ..............ma quella che come sopra esplicitato, distingue gli ambiti di trasformazione nei quali il Comune prevede l’attuazione degli interventi ammessi mediante modalità perequative da quelli che non richiedono tali tecniche”. Perché il PRG non si è uniformato a questa direttiva?
A cosa può servire, allora, una così elevata previsione di aree di espansione se non a far crescere il mercato dei suoli ed a farne lievitare i prezzi, e contemporaneamente a liberare quote importanti di rendita fondiaria? E questa è da considerare una “risorsa” per tutti i cittadini vittoriesi, o solo per i proprietari dei suoli?
Assieme allo schema di massima del PRG sarebbe utile conoscere anche i risultati fino ad oggi conseguiti dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), considerato che è parte integrante dei processi di formazione del piano. Un tema questo di grande rilevanza poiché tale processo è finalizzato a valutare “in anticipo” le conseguenze ambientali connesse alle decisioni assunte dal PRG.
La VAS ha quindi la funzione di migliorare le scelte di piano attraverso una valutazione comparata di differenti soluzioni di intervento, al fine di verificare il complessivo impatto ambientale, e quindi la diretta incidenza sulla qualità dell’ambiente in cui i cittadini vivranno.
Per Vittoria non serve una politica urbanistica espansiva, ma piuttosto una che si faccia fortemente carico degli interessi collettivi, e tale risulta solo se difende il territorio dalle aggressioni speculative, se bandisce dal piano modalità insediative che comportano eccessivo consumo di suolo, se incentiva la rigenerazione urbana anche attraverso regimi fiscali di vantaggio, se si impegna a realizzare l’edilizia sociale (case popolari), se cura e valorizza i segni che la storia ha tracciato sul territorio, se tutela i sistemi naturali, se favorisce l’edilizia di qualità (per consumo energetico e materiali utilizzati), insomma se persegue l’obiettivo di una pianificazione sostenibile, anche come atto di responsabilità per le generazioni future.
                                                                                                       arch. Rosario Cilia

06-06-2017.

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